Carissime Colleghe, carissimi Colleghi, Amiche e Amici
Franco Frabboni ci ha lasciati.
Chi lo ha conosciuto personalmente ben conosce il ruolo da lui giocato nella storia recente della pedagogia italiana. È stato sin dall’inizio un Generalista anomalo, preoccupato di declinare lungo i declivi della didattica e dell’esperienza educativa a tutti i suoi livelli i principi cardinali del problematicismo pedagogico: fedele in questo, sino all’ultimo, alla lezione del suo Maestro, Giovanni Maria Bertin.
Accademico e pedagogista militante, ha riservato un’attenzione particolare alle realtà del territorio e del mondo scuola, evitando di lasciarsi assorbire da dinamiche e priorità tutte interne al mondo universitario.
Ebbe la felice intuizione di riconcepire il mondo dell’istruzione e dell’educazione entro i domini del Sistema Formativo Integrato (SFI) prima che i sociologi rimodulassero la nozione di welfare intorno a quella del lavoro di rete.
Noto anche per la ridondanza metaforica dei suoi testi, attraverso le metafore rivelava un rapporto di aderenza passionale al frastagliato mondo dell’educativo: erano in lui cifre e segni di natura narrativa, che volevano portare la riflessione pedagogica fuori dai domini talvolta aridi del pensiero astratto e della logica.
Seppe infine far entrare nelle aule bolognesi il magistero di alcune sue prestigiose Colleghe e Colleghi, a cominciare da quello di Franca Pinto Minerva e di Massimo Baldacci.
Grazie Franco, grazie Maestro: fosti co-tutor della mia tesi di Dottorato, ricordo ancora le nostre conversazioni.
Un ultimo abbraccio, un ultimo applauso: prima di salutarti, ti chiedo solo di ascoltare le belle parole che Massimo Baldacci, appunto, ha voluto dedicarti. Le ascoltiamo insieme a te.
Maurizio Fabbri
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